Per il Sud occorrono buoni politici
Il Sud non ha bisogno di un altro partito, ma di buoni politici.
Basterebbe forse questa considerazione per liquidare l’iniziativa di cui si discute in questi giorni.
E, però, depurando il tema dal tatticismo con cui viene agitato dai suoi proponenti che sembrano mossi solo dalla necessità di conquistare maggiore centralità o di uscire dalle difficoltà o addirittura dall’isolamento che vivono all’interno del proprio campo politico, ci si imbatte in una grande discussione che trova nuovi spunti anche nei dati di recente diffusi da Svimez che denunciano la fuga dal Sud di molte giovani intelligenze.
Secondo l’istituto che si occupa di monitorare l’economia nel meridione, infatti, nel periodo che va dal 1997 al 2008 oltre 700 mila persone hanno lasciato le regioni del Sud per trasferirsi al Nord.
Nello stesso decennio (questa volta la fonte è Bankitalia) 181 miliardi di euro sono stati stanziati per il Mezzogiorno.
Insomma i cittadini abbandonano il Sud, ma il Sud non è stato abbandonato dai governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio.
Nonostante le responsabilità che si rimpallano reciprocamente le forze che si sono alternate all’opposizione con quelle che si sono succedute al governo, il Mezzogiorno è stato e continua ad essere sommerso di risorse. Nazionali e comunitarie.
Quello che manca al Sud, quindi non sono le risorse, ma è una classe dirigente capace di trasformare questi enormi flussi di denaro in sviluppo e in opportunità.
Purtroppo sono ancora in troppi quelli che considerano più facile prodursi in lamenti che produrre idee, che reputano più redditizio denunciare disattenzione da parte degli altri, che rimboccarsi le maniche e dimostrare quello che si è capaci di fare. Soprattutto tra la classe dirigente.
E da qui che deve iniziare un nuovo percorso per il riscatto del Mezzogiorno: occorrono donne e uomini che nei rispettivi ruoli nei partiti, nelle istituzioni, nelle imprese, nelle associazioni di categoria siano mossi dall’orgoglio dell’essere meridionali e insieme dalla consapevolezza che qui come (e anche più) che al Nord è possibile fare, realizzare, contare.
Nel corso della campagna elettorale per le europee che mi ha regalato la soddisfazione di essere dopo Berlusconi il più votato in Calabria tra tutti i candidati della mia lista, ho conosciuto tante persone, soprattutto giovani, animate da questo spirito.
Ed è proprio a queste giovani energie che occorre dare voce e speranza.
E’ questa la sfida dei partiti. Primo tra tutti del Pdl che nella modernizzazione e nell’innovazione ha la sua cifra e insieme la sua ragione sociale. E che, come hanno confermato le ultime elezioni, vince quando ha la capacità di spingere l’acceleratore fino in fondo sul terreno del cambiamento, arretrando, invece, quando offre una proposta contigua al modello che invece deve contrastare.
Allo stesso tempo, sarebbe auspicabile che su questa prospettiva si misurasse, dando vita ad una sorta di competizione virtuosa con il Pdl, anche il Pd che tante responsabilità ha nella cattiva gestione delle regioni e degli enti locali del Sud.
E per vincere questa sfida la strada maestra è quella di mettere in campo una nuova generazione di dirigenti che sappia imporre nell’agenda e nelle scelte di governo gli interessi delle nostre terre e non che subisca ed esaudisca in silenzio i desiderata di qualche luogotenente settentrionale (anche questo ho verificato in campagna elettorale) perchè pensa che soltanto così potrà essere garantita la propria permanenza nelle istituzioni.
Del resto quando ci sono le buone idee e non manca la determinazione nel battersi per farle prevalere, si trova sempre chi le sostiene e chi le appoggia anche lontano dai nostri confini.
E’ successo, per esempio, quando il Sindaco di Reggio Calabria ha chiesto e si è speso fino a quando non ha ottenuto il riconoscimento per la sua splendida comunità dei poteri e delle funzioni che spettano alle città metropolitane.
Del resto i grandi meridionalisti come Nitti, Salvemini, Fortunato, Villari, Gullo e Mancini hanno elaborato idee che inquadrassero lo sviluppo del Sud in un disegno di crescita nazionale ed intorno ad esse hanno creato un fronte di sostegno culturale, politico ed anche sociale che, a volte, è riuscito a vincere perplessità e resistenze.
Oggi mancano intelligenze di quel calibro e personalità di quello spessore, ma è pur vero che nel Mezzogiorno esiste un quadro vitale e dinamico che vuole uscire dalla crisi economica, sociale e morale che affligge ampia parte della nostra comunità.
Ecco perché a chi propone di creare un partito del Sud esibendo come elemento attrattivo le proprie clientele e la gestione disinvolta del denaro pubblico, nell’interesse del Sud bisogna contrapporre una nuova generazione di dirigenti che si distinguano per comportamenti limpidi e che elaborino traiettorie di sviluppo sulla quale far nascere una sintonia diffusa nell’intero Paese.
– Questo intervento è stato pubblicato dal Quotidiano della Calabria in prima pagina con il titolo “Partito del Sud? Sono meglio i buoni politici”
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– “Al nostro Mezzogiorno non serve una sigla ma una classe dirigente” su Libero
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– “Per il Sud serve la buona politica” su Lab-Il Socialista
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