IL CORONAVIRUS E LE NUOVE SFIDE PER UNA SINISTRA UMANA
Sono stato invitato dal coordinamento dei Forum del Pd della provincia di Cosenza ad un dibattito sulle crisi provocate dal coronavirus insieme a Marco Miccoli, Tommaso Nanncini e Giuseppe Giudiceandrea e moderato da Francesco Meringolo. Quelli che seguono sono alcuni passaggi del mio intervento.
“Pensavamo di essere sani in un mondo malato” così ha scandito Jorge Bergoglio in una piazza San Pietro deserta a causa della pandemia, durante un’omelia che oltre al messaggio liturgico ai fedeli, condensava, a mio modo di vedere, una traccia che una forza democratica, riformista, socialdemocratica deve sapersi dare per gli anni a venire.
E di queste ambizioni vorrei parlare oggi, ringraziando i compagni del forum del Pd che mi hanno invitato e al contempo formulando ad ognuno gli auguri di buon lavoro. Saluto affettuosamente Giuseppe Giudiceandrea, Marco Miccoli, al quale riconosco il merito di aver consentito una collaborazione all’interno del PD anche a chi ha una storia socialista, e Tommaso Nannicini, con la preghiera di salutarmi il papà. Con Rolando Nannicini siamo stati insieme deputati e spesso mi capitava di confrontarmi con lui.
La crisi sanitaria e la conseguente crisi economica di questi tempi difficili ci impone di ripensare e rimodulare la nostra società, la nostra comunità e il nostro essere all’interno di essa. E questo vale per tutti. Per gli individui. Per le regioni. Per le nazioni. Per le istituzioni sovranazionali. Tutti abbiamo compreso che da soli non ce la faremo. Da soli nessuno ce la farà. L’individualismo e l’egoismo, se dovessero prevalere le forze che lo praticano, mci condurranno a difficoltà sempre maggiori. La rotta è la collaborazione. Tra individui, tra regioni, tra popoli, tra nazioni.
Poniamo mente all’Europa. All’insorgere dell’emergenza sanitaria le sue istituzioni non sono state in grado di dare una risposta unitaria. Pensavano che fosse un problema solo italiano. Ma quando si sono accorti, con ritardo, che il virus non conosce confini, invece di procedere insieme con le medesime modalità, si è andati in ordine sparso. Non solo nelle decisioni sul lockdown. Ma anche sui protocolli sanitari. Mi rendo conto che i trattati danno autonomia ad ogni nazione per quanto riguarda la sanità, purtuttavia l’emergenza avrebbe consigliato e, ancora oggi, soprattutto nella ricerca del vaccino, consiglierebbe una azione unitaria.
Anche rispetto alla crisi economica l’Europa aveva iniziato con un passo sbagliato. Ricordiamo le frasi infelici della presidente della BCE Cristine Lagard. Ma poi, dopo le scuse di Ursula von der Leyen, ha avuto la capacità di capire che occorreva cambiare radicalmente registro per essere vicini all’Italia e ai paesi più colpiti dal coronavirus. E ha adottato provvedimenti importanti, anche rivoluzionari: la sospensione del patto di stabilità, il pacchetto fino a 540 miliardi di euro con nuovi prestiti per le imprese da parte della BEI, il Sure da 100 miliardi per integrare le casse integrazioni dei paesi membri e anche il fondo salva stati per le spese sanitarie.
Ma questa crisi impone di ripensare all’Europa. Per vincere il forte sentimento antieuropeo che spira anche qui da noi, le forze riformiste occorre che si diano una nuova missione geopolitica che deve essere quella di favorire un riavvicinamento tra Usa e Cina avvitati ad uno scontro pericolosissimo. E insieme, sul versante economico, rivedere l’ispirazione che ha impedito l’intervento pubblico in economia, che dalla crisi di Lehman Brother e dei subprime, non è stato certamente foriero di crescita e sviluppo.
Ma fin da subito un punto di ricaduta sul quale riflettere è come fare in modo che i provvedimenti adottati, producano effetti subito sui cittadini. E questo vale soprattutto per quanto riguarda il nostro Paese.
In giro c’e una sofferenza diffusa. Il primo suicidio dell’altro giorno è un segnale drammatico. Occorre intervenire in fretta. Faccio un esempio. Siamo indietro nel pagamento della CIG. E’ colpa delle regioni? E colpa dell’Inps? Non è dato saperlo. Fatto sta che i lavoratori aspettano da troppo tempo il bonifico sul proprio conto corrente.
Così come le tante, e alcune anche positive, misure tardano a sortire gli effetti sperati.
E poi sull’emergenza sanitaria siamo in ritardo sulla cosiddetta strategia delle tre T testing, tracing and treating e cioè testare, tracciare e trattare suggerita dagli epidemiologi : i tamponi eseguiti dalle regioni (forse solo ad eccezione del Veneto e dell’Emilia Romagna) sono ancora troppo pochi. Sulla App Immuni, il ministro dovrebbe chiarire meglio rispetto alla trasparenza sulla assegnazione del progetto. E sui reparti Covid si sarebbe potuto fare di più, soprattutto da parte di alcune regioni.
Di fronte a questo quadro mi si chiederà: allora il giudizio sul Governo e sul presidente del consiglio è insufficiente? La mia risposta convinta è no.
Sto rivalutando il premier Giuseppe Conte. Sta reggendo con molta dignità una situazione drammatica, pur essendo privo di una storia politica. E’ lucido. Sta tenendo botta e non ha quasi mai perso il controllo. Sta guidando il Paese nel mezzo di una tragedia collettiva.
C’è da augurarsi che riesca a portare l’Italia fuori dall’emergenza sanitaria e insieme da quella economica. La stoffa del dirigente politico si vede nelle difficoltà.
E siccome ogni valutazione, al netto di errori , ritardi, mancanze e limiti che pur ci sono, si fa anche rispetto all’alternativa, guardo a destra e vedo leader che invece di stringersi intorno alla bandiera (rally around the flag, dicono gli anglosassoni) e fare gli interessi del Paese, passano le giornate ad alimentare polemiche e a mettere bastoni tra le ruote. Agli italiani
E comunque è chiaro che la navigazione per questo governo sarà perigliosa. I numeri sono ballerini soprattutto al Senato. E occorre essere pronti a tutto. Anche definendo subito una nuova legge elettorale.
E parallelamente occorre provare a trasformare un accordo parlamentare in un’alleanza politica. E su questo il compito del PD è fondamentale per portare su una linea riformatrice i propri alleati. La traiettoria è quella di un’azione di rappresentanza dei ceti più deboli e insieme di generare una nuova fiducia in quelli più dinamici. Una battaglia per una sinistra umana, la qualificava l’altro giorno Goffredo Bettini
C’è un impoverimento diffuso e drammatico da percepire, da rappresentare e a cui dare risposte.
Su questi temi possiamo fronteggiare le destre. Ad iniziare dai territori da dove può nascere una nuova spinta per il centro sinistra.
In queste crisi in cui siamo immersi nessuno di chi governa ci si è voluto trovare.
E, però, c’è chi ha avuto la capacità di affrontare la fase nell’interesse di tutti i cittadini e cosi operando ha anche rafforzato i suoi consensi: penso a Zaia in Veneto. E Bonaccini in Emilia Romagna. E chi, gestendo con capacità e polso fermo l’emergenza, ha saputo modificare il trend a se avverso, portandolo a proprio vantaggio. E penso a De Luca in Campania.
Ma c’è anche chi, invece di farsi carico delle esigenze della comunità, si e fatto paladino della sua parte politica, facendosi strumento di contrasto spesso strumentale al governo centrale. E qui il riferimento è alla Calabria.
Ma la risposta dell’opinione pubblica contro questo approccio appare di ferma condanna.
E questo sentimento di critica diffuso ci deve suggerire un impegno maggiore e convinto.
Nei prossimi mesi si voterà a Reggio Calabria e a Crotone. Poi in primavera a Cosenza e nel 2022 a Catanzaro.
Iniziamo a lavorare per mettere in campo una colazione che parta da quella che governa il Paese. Innerviamola di elementi civici (qui da noi c’è il movimento del geologo Tansi che può diventare interlocutore) e coinvolgiamo la passione di tante associazioni di volontariato che in questa fase si stanno distinguendo per i servizi alle persone.
Insomma la crisi, anzi le crisi, hanno mutato l’agenda e hanno fissato sfide nuove da far tremare le vene ai polsi.
Purtuttavia sono queste sfide che forgiano una classe dirigente nuova e ambiziosa.