Nave dei veleni; ecco le colpe di Loiero
Queso intervento è stato pubblicato sul Quotidiano della Calabria
Ieri, nel suo fondo, Matteo Cosenza ha scritto, tra l’altro, di non condividere il mio commento sulla vicenda della nave dei veleni perché considera “onestamente ingenerosa” la mia critica “alla Regione e a Loiero” per come stanno affrontando l’emergenza.
Approfitto dell’ospitalità del Quotidiano, non soltanto per ribadire la mia opinione, ma anche per tentare di meglio argomentarla così da provare a convincere il suo direttore e i suoi lettori della bontà delle mie considerazioni.
Ormai nell’intero Paese si è diffuso il convincimento che il Tirreno cosentino sia infestato da rifiuti tossici riposti nei fusti di una nave affondata ad undici miglia dal porto di Cetraro. Addirittura in molti pensano che il problema riguardi tutto lo spettro di acque che bagnano la Calabria.
Questo messaggio, ribadito dal martellamento mediatico che da un mese a questa parte prosegue incessante, ha già provocato danni incalcolabili per l’immagine, l’economia ed il futuro della Calabria. Basti pensare alle catastrofiche conseguenze che produrrà all’offerta turistica o al mercato immobiliare o a quello ittico
Eppure, fortunatamente, ad oggi, non esiste un solo dato scientifico che suffraghi questa ipotesi.
E addirittura, il racconto del pentito di ‘ndrangheta che ha dato la stura al caso, appare sempre più traballante nei riscontri.
Per questo da calabrese che ama profondamente la nostra terra, prima che da dirigente politico, mi sarei aspettato, da chi oggi governa la Calabria, uno sforzo sovraumano per fare chiarezza presto e subito così da tutelare per prima cosa la salute dei calabresi e insieme per salvaguardare l’immagine della Calabria.
E invece si è scelta una strada diversa. Si è preferito far montare il caso, e alimentare e far sedimentare il convincimento che il mare calabrese sia contaminato oltre ogni ragionevole dubbio. Tutto ciò al solo fine di far apparire il premier Berlusconi e l’intero suo governo come distante dall’emergenza calabrese.
Insomma si è calpestato il diritto dei calabresi di conoscere, approfondire, eventualmente curarsi, pur di tentare di lucrare qualche consenso utile per le imminenti regionali.
A questo proposito l’intervista che l’assessore regionale all’ambiente ha rilasciato a l’Unità il 24 settembre scorso dal titolo “Tumori e ‘ndrangheta, quella nave è una bomba tossica, il governo dorme” è emblematica e offre la cifra reale dell’operazione politica che si è voluta imbastire.
Insomma l’onorevole Loiero, che ha poteri costituzionalmente garantiti, che può disporre di risorse economiche ingenti, che può dispiegare mezzi di ogni tipo, ha preferito alimentare l’ennesima e mai così inutile contrapposizione politica col governo nazionale, invece di fare quello che è doveroso pretendere dal massimo rappresentante istituzionale della Calabria e cioè di spendersi anima e corpo per comunicare alla sua gente se il nostro mare è radioattivo oppure no.
Eppure il 10 settembre scorso l’Arpacal, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, ha noleggiato con i fondi regionali una nave ed un robot sottomarino per filmare il relitto. Perché allora non è stato disposto ed effettuato uno studio approfondito della radioattività delle acque sia vicino al relitto sia in superficie? Era così complicato? Era così inutile?
Sarebbe bastato probabilmente solo quello per rispondere all’ansia di conoscere e di sapere che pervade tutti i calabresi .
Giacomo Mancini
Ecco cosa aveva scritto Matteo Cosenza
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