CINQUE MESI DI FUFFA GIALLO VERDE
di Giacomo Mancini
Sono trascorsi 5 mesi dalle elezioni politiche del 4 marzo.
Proviamo insieme a fare un primo bilancio.
Il M5S che è stato premiato come primo partito anche grazie alla violenta polemica contro la casta, contro i politici e contro tutti quelli che hanno governato in passato, sta tradendo le sue promesse.
Ad iniziare da quella più importante.
Vi ricordate?
Dicevano che avrebbero dimezzato l’indennità dei parlamentari.
Non l’hanno fatto.
Da cinque mesi i loro deputati e i loro senatori intascano lo stesso cospicuo stipendio di quelli che c’erano prima. Uguale uguale. Nemmeno un euro in meno.
E dire che non si ammazzano né di lavoro né di fatica.
Il governo giallo verde, nato dall’accordo suggellato da un contratto tra M5S e Lega, infatti, ha approvato un unico provvedimento: il cosiddetto decreto dignità.
Che, dati alla mano, ha aumentato le difficoltà dei nostri giovani e dei disoccupati ad entrare nel mondo del lavoro. Con la nuova legge le imprese hanno meno interesse ad assumere.
E secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, nei prossimi cinque anni, ci saranno ottantamila licenziamenti.
Per il resto, tutti i dossier più importanti sono fermi.
Del reddito di cittadinanza non si parla più.
Della Flat tax e dell’aliquota unica neanche.
Dell’abolizione della legge Fornero zero.
E questa estate abbiamo visto che il Governo non ha la minima idea di come affrontare le tragedie che hanno funestato il Paese.
Le 43 povere vittime del crollo del ponte di Genova meritano giustizia.
E non processi sommari sulla rete. Quelli non portano a nulla.
La parola “ricostruzione” non è stata mai pronunciata dal presidente del consiglio né dai suoi due vice.
Eppure riaprire in tempi rapidi una tra le più importanti arterie di comunicazione del nostro Paese è vitale per l’economia dell’Italia e deve essere la priorità.
Invece nulla.
Il governo preferisce twittare e postare.
Ma senza risolvere niente.
Come sull’immigrazione.
Per settimane si è parlato della nave della Guardia costiera italiana Diciotti che è stata bloccata nel porto di Catania.
Salvini ha tuonato: nessuno degli immigrati clandestini sbarcherà e rimarrà in Italia.
Come è finita? Sono tutti sbarcati e tutti stanno in Italia.
E che sui temi dell’immigrazione nulla sia cambiato ognuno di noi lo verifica ogni giorno. Quando ci fermiamo al rosso dei semafori delle nostre città, troviamo sempre gli immigrati che ci chiedono le elemosine o di pulirci il vetro. Sono sempre li. Non a casa loro.
E a proposito di strade anche il pieno di carburante costa uguale. Anzi più di prima.
Altro che cancellazione delle accise.
Sono passati cinque mesi dalle elezioni e il risultato è negativo.
Per l’Italia.
E c’è il rischio concreto che le cose peggiorino ancora.
Tutti gli analisti immaginano un autunno contraddistinto dal dileguarsi degli investitori dal nostro Paese. E dall’aggravarsi della crisi per la famiglie e per le imprese.
E’ insomma concreta la possibilità che anche qui da noi si ripeta quello che sta accadendo in Turchia, in Argentina o, peggio ancora, in Venezuela.
Di fronte a questa situazione grave e per certi versi drammatica c’e da registrare che le forze di opposizione in Parlamento parlano un linguaggio ancora debole e contradditorio. Purtroppo.
Occorre creare una alternativa a questo governo nazionale.
Occorre farlo a Roma e anche qui in Calabria.
Non bastano le tante evocate facce nuove. E neppure qualche idea nuova.
Occorre una nuova identità.
Che ricerchi soluzioni ai problemi complessi che una realtà multiforme pone.
E che parli attraverso persone capaci e competenti.
Che si comportino con correttezza e trasparenza.
E’ possibile che a breve tocchi a noi.
Facciamoci trovare pronti
da il Quotidiano del Sud del 4 settembre 2018