STRILL; IN CALABRIA GIA’ AL LAVORO NUOVA CLASSE DIRIGENTE
Questo intervento di Giacomo Mancini è stato pubblicato su Strill.it
Rispondo con piacere all’invito rivoltomi dal Direttore di Strill.it a partecipare al confronto su una nuova classe dirigente per la Calabria e per il Mezzogiorno. Cercherò di dare il mio contributo evitando vuote esortazioni e nobili quanto vacui proclami, tentando, al contrario, di proporre un ragionamento chiaro supportato da concetti che mi auguro possano essere convincenti.
I calabresi con il loro voto alle ultime regionali hanno già scelto una nuova classe dirigente che è stata chiamata, attraverso l’espressione più alta possibile in democrazia, e cioè attraverso il voto popolare, a governare la nostra terra. Ragion per cui la schiacciante vittoria di Giuseppe Scopelliti non può che essere considerata da tutti come uno spartiacque, non solamente simbolico, nella vita democratica della nostra terra.
Per la prima volta i calabresi hanno scelto come loro governatore un giovane poco più che quarantenne formatosi e forgiatosi alla dura scuola dell’amministrazione locale. E, di per sé, solo questo per una terra che ha avuto da sempre una classe dirigente sclerotizzata ed immutabile, non è una novità trascurabile.
E, poi la sua vittoria così netta, in tutte e cinque le provincie in tutti i tanti e diversi territori della nostra aspra e complessa terra, evidenzia un segnale nuovo colto dalla grande maggioranza del corpo elettorale che ha pochi precedenti e che fa risaltare la ferma volontà di imboccare una strada verso il cambiamento.
E subito dopo il successo elettorale, come mai prima era accaduto, il Governatore ha chiamato a lavorare al suo fianco in Giunta, in Consiglio, e alla guida dei dipartimenti della complessa e, per certi aspetti, indomabile macchina burocratica, giovani e competenti professionalità tutte calabresi.
Rimarco quanto è successo negli ultimi mesi in Calabria, perché ritengo di un’importanza fondamentale evidenziare come già oggi sia al lavoro una nuova classe dirigente. E, allo stesso tempo, considero che quanto sia avvenuto alle nostre latitudini, debba essere considerato patrimonio di tutti. Sia di quanti si riconoscono in Giuseppe Scopelliti, nella sua proposta, nel suo operato. Ma anche di quanti si sentono alternativi, si pongono altri obbiettivi, perseguono altre metodologie, e che, però, leggono la volontà di cambiare espressa dai calabresi con il loro voto come un segnale da fare proprio anche nell’altro (o negli altri) campi.
Si obbietterà, ed è più che legittimo, che non è detto che una novità anche anagrafica produca di per sé risultati positivi nel governo.
L’osservazione è pertinente e sarà in prospettiva il tempo a giudicare la capacità di tutti quanti noi ad essere all’altezza della fiducia che i calabresi hanno consegnato a Giuseppe Scopelliti.
E, però, senza enfasi, ma anche senza tema di smentita, posso dire che, fin da subito, il cambiamento annunciato si è tramutato in fatti incontrovertibili. Ad iniziare dalla sanità, e dalle battaglie condotte contro gli sprechi e a favore di un servizio pubblico migliore, dalle nuove opportunità di inserimento nel mondo del lavoro, dal coraggio nello schierarsi contro la criminalità e i suoi condizionamenti, dall’azione incisiva per la difesa del suolo, da un rapido avvio di nuovi investimenti infrastrutturali, e, si parva licet, dai successi nelle politiche di bilancio e di programmazione.
Per la prima volta in quarantuno anni di regionalismo la Calabria si è dotata di un a legge di Bilancio che ha come primo articolo le misure di sostegno a chi combatte l’ndrangheta e che è stato approvato, come mai era successo prima, in consiglio prima di Natale e che è poi stata promulgata, come mai era successo prima, prima della fine dell’anno.
Sembra incredibile, ma mai prima in Calabria, si era stati capaci di raggiungere questo risultato che insieme alla spesa positiva dei fondi europei (abbiamo raggiunto e superato il target di spesa richiestoci per il 2010 dalla Commissione Europea) avvia la nostra terra, tanto vituperata in passato, a collocarsi adesso tra le regioni virtuose in Italia.
Mi fermo qui. Ai dati oggettivi e incontrovertibili. Per tutto il resto è giusto attendersi un confronto tra le forze che governano che legittimamente esibiscono i loro risultati, e le forze che stanno all’opposizione che, altrettanto legittimamente, incalzano, sollecitano, criticano.
E’ questa l’essenza del confronto democratico. Lo è ovunque. Ma non lo è ancora del tutto qui da noi.
Ed è qui il grande pericolo che corre la Calabria. Tutta intera. Perché esiste una parte (che non vedo espressione di un partito politico, ma più di un network composto certamente da politici, da giornalisti, da magistrati, ma anche da settori oscuri portatrici di interessi oscuri della società calabrese) che è stata sommersa dallo tsunami della scorsa primavera e cerca di reagire, non utilizzando le armi della politica, ma brandendone altre molto più pericolose non tanto per Scopelliti, ma per l’intera comunità regionale.
Da quella parte invece che il confronto (che è utile a tutti), invece dello scontro (che, per quanto aspro ma sempre su terreno politico, stimola sempre tutti a fare meglio) si pratica, ancora una volta, come tante volte è stato nel passato, la scorciatoia della delegittimazione poggiata sull’insinuazione, sul chiacchiericcio, sulla disinformazione e sulla calunnia.
Il confronto che tende a far crescere una comunità e che sa trovare anche punti di convergenza tra maggioranza opposizione viene rubricato volgarmente in inciucio. Mentre si predilige il tentativo di colpire la credibilità delle persone, offuscarne la loro proiezione positiva.
In una parola l’unico obbiettivo che questo network ha fissato è quello di mascariare. E cioè screditare e compromettere l’avversario che si incita a considerare nemico, che in quanto tale va abbattuto, non tanto nel consenso, ma utilizzando altre vie.
Qualche tempo fa ho letto il resoconto stenografico di un’interrogazione parlamentare svolta da un deputato calabrese collocato all’opposizione del governo nazionale dalle cui parole si percepiva chiaramente la strategia posta in campo per colpire non soltanto questa nuova classe dirigente, ma la possibilità stessa che la Calabria possa avere una nuova classe dirigente.
Quelle parole mi hanno fatto molto riflettere. Quando un deputato, culturalmente non sprovveduto, anagraficamente non compromesso, e poiché nominato e non legato ad un consenso proprio anche più libero di esprimere analisi scevre da condizionamenti, si produce in argomentazioni tanto ignobili quanto strumentali, vuol dire che è al lavoro una cordata di cui egli fa parte e da cui si sente protetto e tutelato che con dolo preferisce mascariare invece di combattere sul piano squisitamente politico.
E questo rappresenta un danno enorme per l’ intera Calabria. Ritengo che tutte le forze politiche in campo, tutti gli attori della società regionale debbano considerare la nuova stagione nata con il voto della primavera scorsa una conquista per l’intera comunità regionale.
Se in una prospettiva di breve, medio o lungo termine, dall’altra parte si affermerà una classe dirigente migliore, sarà giusto che questa sia mandata a casa.
Ma tentare di mascariare quanti sono impegnati pancia a terra per il cambiamento vuol dire non far prevalere una parte a dispetto dell’altra, ma equivale a infliggere un colpo mortale alla Calabria intera perché significa dare ragione a quanti da vicino o da lontano pensano che questa sia una terra senza futuro incapace di risollevarsi attraverso l’impegno delle proprie migliori energie.
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